In questo articolo, dopo i notevoli passi avanti nella ricerca sul ruolo dei recettori cannabinoidi nel comportamento osseo, vogliamo analizzare se esiste un poteziale terapeutio nell’uso dei cannabinoidi nella ricostruzione della cartilagine.
Si parla di ingegneria dei tessuti, cioè la disciplina di progettazione e costruzioni di parti del corpo umano capaci di ripristinare le funzioni basate sulla bioingegneria molecolare.
Questi sostituti biometrici possono essere prodotti tramite tre ingredienti principali: cellule candidate reattive, i segnali induttivi e una matrice appropriata extracellulare (ECM).
Allo stato attuale però, nè gli approcci chirurgici né i trattamenti convenzionali per la riparazione dei tessuti cartilaginei hanno portato effettivi risultati sul lungo periodo.
Si presume però che con una combinazione di farmaci e cannabinoidi le malattie articolari degenerative potrebbero diventare più gestibili.
Ognuno di noi, ha un sistema endocannabinoide costituito dai ligandi endocannabinoidi, altro non sono che delle molecole che producono un segnale, legandosi ad un sito obiettivo, i recettori cannabinoidi (CB1 e CB2) ed infine gli enzimi che sintetizzano e scompongono gli endocannabinoidi.
Inibendo la produzione di ossido nitrico e l’impedimento della degradazione dei proteoglicani (materiale di riempimento che si trova tra le cellule), i cannabinoidi si sono dimostrati sulla cartilagine animale come degli agenti protettivi.
È stato dimostrato anche da uno studio che i recettori cannabinoidi CB1 e CB2 inibiscono la produzione nei condrociti articolari dei bovini.
Un altro studio, sempre su questi due recettori cannabinoidi, ha dimostrato che questi sono presenti nelle cellule ausiliarie della cartilagine e che l’attivazione del sistema endocannabinoide attenua la distruzione della cartilagine attraverso la diminuzione del metalloproteinase che viene prodotto dai fibroblasti.
Anche il CBD, fitocannabinoide non psicoattiva della cannabis, ha mostrato effetti immunosoppressivi ed antinfiammatori, nei test su topi affetti da artrite reumatoide.
Le proprietà del CBD forniscono anche un ottima protezione contro danni istologici, soprattutto nei casi di disordini artritici e migliorano i sintomi causati da questa condizione.
Da quello che abbiamo potuto analizzare si vede come il sistema cannabinoide può interagire con i principali aspetti delle cellule staminali mesenchimali e supportare i benefici dei farmaci a base di cannabinoidi nell’utilizzo di costruzione dei tessuti, come attenuare la degradazione della cartilagine e la sua riparazione.
Ma siamo ancora lontani da poter affermare che tutti i meccanismi per colpa dei quali la cartilagine si rompa possano essere prevenuti attraverso l’utilizzo della cannabis, servono ancora diverse investigazioni sull’utilizzo della cannabis medica sugli umani.